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Proposte per il Congresso di Legambiente che si svolgerà a novembre. PDF Stampa E-mail
Scritto da Santoni Maurizio   
Martedì 09 Agosto 2011 09:34

 

PRIMI APPUNTI DOCUMENTO CONGRESSO
LEGAMBIENTE LAZIO 2011
 
Roma, 12/13 NOVEMBRE 2011
 
 
Il contesto politico italiano è troppo spesso indecente e miope, non in grado di affrontare la grave crisi che sta attraversando il Paese in questo delicatissimo periodo storico. Una crisi economica, che è anche crisi sociale e di valori, oltre che crisi politica. C'è però anche una grande voglia di partecipazione e cambiamento, lo hanno dimostrato le elezioni amministrative e soprattutto i referendum. C'è speranza in un futuro migliore.
 
La crisi porta con sé il dolo di un sistema Paese che ha tralasciato e sminuito i bisogni delle persone, per risvegliarsi vittima esso stesso di asfissia da inquinamento, di soffocamento da rifiuti, affamato di risorse naturali e di energia. La crisi ambientale è al centro dell'attenzione. Nel mondo miliardi di persone continuano a vivere in condizioni inumane. sono la coscienza sporca dell’occidente “civilizzato”, pagano con un prezzo drammatico il nostro benessere, i nostri combustibili fossili, le nostre automobili e gli inceneritori che bruciano quello che noi scartiamo. In Egitto, Tunisia, Algeria, Libia e Siria c'è una grande mobilitazione in un contesto difficilissimo.
 
I profughi di guerra si aggiungono ai profughi ambientali.
I mutamenti climatici compiono disastri, la barriera corallina di 3mila chilometri è in crisi, si intravede un futuro di eventi sempre più estremi, con periodi di grande siccità e di pioggia torrenziale. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si raggiungeranno 200/250 milioni di profughi ambientali nei prossimi quarant’anni, ma l’80% continuerà a vivere nel Sud del Pianeta perché non potrà fuggire.
 
I referendum hanno mostrato il volto migliore del Paese, persone informate e coscienti.
Milioni di cittadini su temi importanti come l'acqua, l'energia, la giustizia hanno scelto di dire la loro. E hanno dato indicazioni chiare. L'inutile e pericoloso nucleare è rispedito al mittente ancora una volta, mentre in pochi anni la rivoluzione energetica è in atto, i risultati delle rinnovabili sono eccezionali. L'acqua non è una merce e come tale deve essere gestita, in modo pubblico e partecipato. La giustizia è uguale per tutti. Dai risultati emerge quindi qualcosa di più, la necessità di conservare e difendere i beni comuni, ma anche la voglia di una nuova stagione in cui l'interesse di tutti, l'interesse pubblico, torni al centro delle scelte del Paese. Nel voto c'è anche un segnale forte a un certo modo ingordo di fare impresa, gli italiani non si fidano del mercato che si “auto regola portando bene a tutti”, serve un mercato nuovo che non pensi solo al proprio tornaconto.
 
In questi anni, sono molteplici le intuizioni e le soluzioni che possono essere un esempio e un paradigma di gestione e sviluppo, ora la domanda che si pone è più alta, cosa fare per uscire dal collasso economico? Cosa deve fare il Paese? Quali riforme?
 
Per rispondere a queste domande non basta la green economy, e tanto meno solo le rinnovabili, certo sono inutili o dannosi i tagli del Governo. Per uscire dalla crisi, serve una ricetta nuova e diversa dal consumismo, che tenga insieme ambiente, sociale, vivibilità.
 
Assieme a quella energetica, serve una nuova rivoluzione ambientale e sociale, basata sulla sostenibilità, sulla legalità, sull'uguaglianza, sul coinvolgimento dei cittadini.
Servono un nuovo stile di vita, una rinnovata visione del mondo, nuovi paradigmi di riferimento.
La soluzione, non si trova semplicemente in una nuova ricetta economica, produttiva o di lavoro, né in un nuovo modello di produzione energetica o in un innovativo sistema di gestione dei rifiuti, di mobilità integrata o di chiarificazione delle acque reflue.
Non si tratta di produrre nuovi beni, l'economia deve trovare un nuovo punto di equilibrio, per diffondere benessere e qualità della vita, soddisfazione e consapevolezza.
E' finito il tempo di una certa industria, che ha usato soldi pubblici e massacrato territorio.
Si tratta di una nuova consapevolezza dei limiti, della propria responsabilità verso gli altri e l'ambiente, la risoluzione delle grandi questioni ambientali e sociali non significa ridimensionamento e rinuncia, ma nuovo modello.
 
Serve legalità. Un forte ostacolo da superare per vincere la sfida si chiama illegalità, spesso perpetrata proprio ai danni dei nostri territori, compromettendo la salute dei cittadini, soffocando l'economia legata alle buone pratiche.
Il lavoro delle Forze Ordine e della Magistratura è stato molto importante, ha portato anche ad importanti successi sul fronte della lotta alle ecomafie, così come le mobilitazioni dei cittadini a difesa della legalità sono state altrettanto significative di una voglia di riscatto, che va intercettata sempre di più, per far crescere una cultura della legalità sui territori.
E' mancata una risposta forte da parte delle istituzioni: con l'inserimento dei reati ambientali nel codice penale, in recepimento dell'ennesima direttiva europea, è stata persa un'occasione, mentre è pericoloso il dibattito intorno alle intercettazioni telefoniche che rimangono uno degli strumenti investigativi più importanti per perseguire i reati, specie quelli ambientali, che nascono spesso con altre e più disparate origini. Il Lazio va sottratto all'infiltrazione e al condizionamento della criminalità organizzata (usura e altre piaghe sociali). Far crescere generazioni consapevoli è la carta vincente contro il puzzo del compromesso dell'illegalità.
 
Serve partecipazione. I referendum sono stati una bellissima occasione di partecipazione, con una miriade di piccoli comitati, mentre per diverse primavere sono stati gli studenti a mantenere alta l'attenzione nelle piazze con una bella vitalità, anche l'orgoglio delle donne è stato al centro di belle mobilitazioni. La crisi è anche crisi di arroccamento della politica, tolta la scelta elettiva diretta per il Parlamento, ma soprattutto con una forte sindrome del “non disturbate il manovratore”. Bisogna tornare alla trasparenza della pubblica amministrazione, ma andare oltre: il palazzo deve riaprire le porte per condividere le scelte con i cittadini, amplificando la partecipazione dei soggetti sia singoli che in forme associative alla vita pubblica e alla gestione dei beni comuni.
 
Se sul fronte nazionale serve una rivoluzione, in questo percorso è altrettanto fondamentale il ruolo dei nostri amministratori, dei Sindaci, delle Province, della Regione Lazio. Secondo il nostro ultimo Ecosistema urbano, tutti e cinque i capoluoghi del Lazio sono nella parte bassa della classifica nazionale, fra il peggioramento e l’immobilismo: Roma (75a), Rieti (78a), Viterbo (84a), Frosinone (94a) e Latina (100a) è a fondo classifica nella nostra regione.
 
La Regione in questo contesto deve recuperare un forte ruolo di pianificazione, programmazione e controllo. Per modernizzare il Lazio bisogna innovare proprio sul fronte ambientale.
Le scelte sui piani casa e rifiuti, sui trasporti e parchi sono l'occasione per parlare del futuro del Lazio, di quale futuro vogliamo.
 
Sul fronte del cemento, ci sono vecchie e nuove idee da battere. Il cemento non è la risposta alla crisi, non si può pensare che come nel dopoguerra sia quella la strada. Il territorio, il paesaggio sono risorse importantissime e finite, servono piani regolatori a saldo positivo per il consumo di suolo e interventi di massima innovazione per la riqualificazione dei vecchi quartieri. Non ci può nemmeno convincere che ognuno possa fare un po' quello che vuole, con assurdi “piani casa” che attaccano parchi e aree vincolate. Il cemento non è nemmeno la soluzione per fare cassa: non si può costruire per finanziare opere pubbliche. Sul fronte delle infrastrutture stop a inutili e dannosi progetti di porti e aeroporti. Liberiamo le coste del Lazio dal cemento, non un metro quadro in più, via abusi e vecchie costruzioni.
 
Sul fronte della gestione dei rifiuti il ritardo sugli obiettivi di riduzione, riuso e raccolta differenziata è colossale, con tutte le discariche allargate negli ultimi anni, ma anche alcuni Comuni che superano il 60% di RD e dimostrano che i rifiuti si possono gestire in modo diverso.
Serve un piano rifiuti che definisca azioni concrete per raggiungere gli obiettivi fissati in tempi certi, con strumenti economico-finanziari definiti, e con un grande coinvolgimento degli enti locali e dei cittadini, con iniziative e campagne di sensibilizzazione fuori della logica dei commissariamenti e dell'emergenza, per stimolare anche i privati ad investire su questi fronti in impianti per il riciclaggio.
 
Limitare i mezzi privati a vantaggio del trasporto pubblico, per battere traffico e smog: sul fronte dei trasporti la ricetta è semplice, ma gli investimenti vanno da tutt'altra parte.
Il Lazio è secondo in Italia per numero di pendolari, negli ultimi dieci anni sono quasi raddoppiati, ma rimangono invivibili le condizioni di viaggio sulle tratte ferroviarie regionali e sulle linee dei bus extraurbani: sovraffollamento, fermate desolate, parcheggi insufficienti, informazioni zero.
Bisogna ripensare le infrastrutture e impiegare finanziamenti per ridare fiato alle ferrovie, a partire dai fondi strutturali europei, alle metro, ai tram, con strumenti semplici come le corsie preferenziali protette, una nuova stagione di zone a traffico limitato e pedonalizzazioni, ma anche sventando opere inutili come il secondo GRA.
 
La rivoluzione energetica in atto è epocale, le rinnovabili hanno raggiunto ottimi risultati verso il modello dell'energia distribuita, democratico e a basso impatto. E' il momento di accelerare, sventato il blitz nucleare ed evitando nuovi mega impianti a carbone, puntando su impianti solari sui tetti delle case e dei capannoni, sull'eolico, sul geotermico, sul mini idroelettrico. Realizzando subito anche un programma per il risparmio e l'efficienza energetica.
 
I beni comuni sono una importante frontiera per i prossimi anni. Serve un'azione politica seria per i beni comuni, sul territorio con uno stop alla vendita delle spiagge e del demanio, sull'acqua dove il rifiuto della privatizzazione di un bene così importante è stato sancito con chiarezza dai referendum. I privati non hanno funzionato, al pari e peggio dei consorzi di vecchia memoria, come dimostrano molte gestioni proprio nel Lazio, da Latina a Frosinone alla stessa Roma. Dopo decenni di allarmi, i fiumi stanno morendo, troppo spesso sfiatatoio fognario dei tempi moderni: il Tevere e l'Aniene portano in dote al mare liquami e rifiuti solidi di ogni genere, il Sacco rimane al centro di un grave disastro ambientale, ma anche dal Liri-Garigliano al Marta si moltiplicano casi di inquinamento. I delicatissimi laghi sono maltrattati da abusivismo edilizio, aggressive navigazioni a motore, mala-agricoltura intensiva, persino scorie militari. Serve una gestione nuova, pubblica e partecipata, che vinca sull’abusivismo fognario e metta a regime i depuratori, tuteli la risorsa idrica e si occupi di risparmio.
 
Da alcuni anni, le politiche regionali per i parchi sono solo per tagli delle risorse, ora persino commissariamenti. I parchi sono strumenti fondamentali per difendere e conservare aree protette, ma anche potente volano di sviluppo per territori che hanno vocazione alla naturalità.
La Regione deve definire le regole, chiudendo i piani di assetto, e avviare i piani di sviluppo socio economico su settori strategici come il turismo l'agricoltura l'escursionismo. I parchi vanno difesi da troppi attacchi come su Monti Ausoni, Simbruini, Parco Nazionale del Circeo, ma serve anche una strategia per la biodiversità che punti su nuove aree protette, sul Tevere, sui Monti Lepini, sulla Tolfa, sull'allargamento dell’Appia Antica.
Le esperienze virtuose in atto vanno valorizzate e utilizzate per creare un effetto moltiplicatore, a partire dalle nostre sugli orti, sulla forestazione. Un esempio particolarmente riuscito è quello del bando delle idee per i piccoli Comuni realizzato con la Provincia di Roma, con decine e decine di progetti realizzati, che hanno contribuito concretamente a costruire sostenibilità su quei territori, a valorizzare i piccoli borghi, creando opportunità per i giovani. Un investimento che va continuato, ponendo attenzione al rischio chiusura delle piccole scuole.
 
Roma in questi anni con Alemanno è peggiorata, è sempre più invivibile, il governo della città ha lasciato spazio alle peggiori pulsioni, i valori si perdono, il senso di comunità diminuisce.
Al centro dei mali c'è proprio la vivibilità della città, il traffico impazzito, il cemento che si vorrebbe allargare, le periferie abbandonate, il decoro mancato, ma anche una forte disgregazione sociale. Ci sono morti della criminalità per le strade, ma anche bambini morti nei campi nomadi con sgomberi senza prospettive o barboni uccisi dal freddo, giovani picchiati per l'orientamento sessuale o senza motivo. Piuttosto che puntare sull'inclusione e i diritti, le astruse teorie sulla sicurezza portano fino a questi drammi.
Roma si allontana sempre più dal modello di una Capitale europea sostenibile: meno ZTL, meno strisce blu e tariffe scontate, il piano libera pullman, l'assenza di una strategia per la gestione dei rifiuti mentre aumenta alle stelle la tariffa e si abbandona il porta a porta per un modello misto di raccolta differenziata, il verde dimenticato, le altreconomie abbandonate, il cemento promesso e deliberato sono i fenomeni più evidenti di una crisi politica, tra incapacità e parentopoli, che ha visto tre Giunte in tre anni al governo della città.
 
In realtà, Roma manca di un'idea e la farsa degli Stati Generali non è servita a colmare il vuoto.
Roma deve puntare su modernità e vivibilità, fondare le proprie strategie sull'unicità del patrimonio storico e ambientale, sulla cultura. Servono progetti urbani di riqualificazione, nuova qualità alle periferie, un salto di qualità per il trasporto pubblico per battere smog e aumento Co2, spazi belli e liberi dalle macchine al Colosseo e nei quartieri, percorsi a piedi o in bicicletta. Roma deve essere aperta e accogliente, attenta a recuperare e riciclare i propri rifiuti, a risparmiare energia e a produrla attraverso fonti rinnovabili, per creare nuovo lavoro e nuova economia e fare impresa, puntando sulla ricerca, l’innovazione, il turismo di qualità.
 
Legambiente è stata utile a Roma e nel Lazio. Grazie a centinaia di appuntamenti, campagne, progetti, iniziative, manifestazioni, convegni, i nostri temi sono entrati nella quotidianità delle persone e delle istituzioni. I cittadini chiedono una migliore qualità della vita e Legambiente deve continuare a dare la risposta di un grande movimento in forma associativa, che fa politica al di fuori dei partiti con metodi e strumenti originali, essere radicale, determinata, approfondire senza cedere alla superficialità e alla velocità, mobilitare e fare proposte.
Serve un regionale che continui a rafforzarsi, in termini di competenze, proposte, progetti e azione politica sul territorio. Un percorso che premia gli investimenti portati avanti e maturati e deve continuare a investire sui giovani, con un forte impegno nei confronti della crescita anche interna dell'associazione, sotto il profilo della progettualità messa in campo sui territori e sotto il profilo delle azioni politiche portate avanti. Va difesa la bella esperienza del servizio civile, porta nuova linfa all'associazione.
Quello regionale è il livello territoriale indispensabile per garantire elaborazione, linea politica, visibilità, capacità di visione complessiva del territorio e risposte complesse, mobilitazione e costruzione di nuova associazione, ma serve anche un nazionale più autorevole e capace di valorizzare le esperienze territoriali, che sappia di più confrontarsi e costruire una linea condivisa e che continui a puntare sulla crescita dei regionali.
I circoli sono il cuore pulsante dell'associazione e devono diventare sempre più numerosi, diffusi e radicati. E' dal livello territoriale che partono le vertenze, le proposte, è tramite il confronto quotidiano con i circoli che si deve continuare a costruire la linea dell'associazione, a tutti i livelli. I circoli devono allora essere sempre più capaci di utilizzare il livello regionale dell’associazione, farsi promotori di richieste, proposte, iniziativa. Bisogna utilizzare di più e meglio i momenti di incontro associativo, dal direttivo agli incontri tematici per lavorare insieme, usando di più anche la sede regionale, l'osservatorio ambiente e legalità, gli incontri di formazione, e i numerosi strumenti che mette a disposizione dei circoli. Dobbiamo continuare a costruire il cambiamento, a dare combustibile alla sua forza propulsiva. In questo senso è utile l'uso delle nuove tecnologie, ma non si possono mai sostituire al rapporto umano con le persone, che resta il volano fondamentale per noi per costruire un mondo diverso sui territori.
 
Bisogna continuare a essere un punto di riferimento per i cittadini, a costruire con loro l'associazione con più impegno per portare tra noi tutta la “Legambiente che è fuori di noi”. Le energie esterne disponibili vanno raccolte: sono decine le persone che hanno tempo, voglia, competenza e possono fare un pezzo di strada con noi.
Il confronto con gli altri è fondamentale per misurarsi e aprirsi ai cambiamenti, per non restare indietro e rischiare di non essere attuali e credibili. L’ascolto dei comitati, gruppi, scuole, cittadini è fondamentale per vincere le sfide e raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo. Apriamoci ancora meglio ai mondi giovanili studenteschi che vedono nella nostra associazione un’opportunità di dare una mano ricevendo un enorme bagaglio di esperienze.
Bisogna continuare a stare dentro ai movimenti sociali, i referendum sono stati un momento straordinario per costruire e rafforzare alleanze, intessendo una rete preziosa che va curata.
Dalle alleanze, non vanno escluse le istituzioni: il dialogo, il confronto con esse ci devono permettere di imporre e far passare le nostre idee per avere una città, una Regione e nello stesso tempo un mondo migliore.
 
In ricordo di
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