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La bellezza naturale e l’aspetto architettonico del Forlanini meritano attenzione

Makaa Jade - 13 maggio 2016

 
 
 
 

Le origini del nosocomio sono delineate da un testimone del tempo: Guglielmo Ceroni (Berlino 1907- Roma, 1958), giornalista e cronista del tessuto urbano e sociale di Roma tra le due guerre, eletto nel 1956 Consigliere Comunale, e insignito, per il suo impegno fattivo, dal Gruppo dei Romanisti, associazione di intellettuali dediti all’amore per la Città, ancor’oggi attiva, che ne riporta la sua biografia.

Ernesto_Nathan

Ernesto Nathan

Nella raccolta di articoli “Roma nei suoi quartieri” (1942), Ceroni spiega l’intento istituzionale, emanato nel Piano Regolatore del 1909, dal sindaco Ernesto Nathan (Londra 1848-Roma, 1921), di sostituire il San Giacomo, che si trovava al Corso Umberto, con il complesso ospedaliero del San Camillo, mentre il Forlanini doveva essere istituito per combattere la dilagante tubercolosi, che colpiva circa sessantamila vittime in un anno.
Nel 1927 una legge varava l’obbligo dell’assicurazione contro la tubercolosi e così, nel 1929, il Vaticano svendette il terreno di venticinque ettari, appartenuto alla Confraternita di San Carlo Borromeo, al Comune di Roma, per realizzare il progetto.

Il complesso del San Camillo si chiamò “Ospedale del Littorio”, mentre l’altro istituto fu intestato a Carlo Forlanini (Milano, 1847- Nervi, 1918), seguace dell’illustre Robert Koch, noto per aver isolato il bacillo della tubercolosi nel 1882 ed inventore, egli stesso, nel 1912, della pneumotorace artificiale contro la tubercolosi.

I lavori terminarono nel 1934, e furono diretti dall’architetto Emanuele Caniggia, per il San Camillo, e dall’architetto Giovannazzi insieme all’ingegnere Belcredi, per il Forlanini. A fine lavori, il Governo, con il Regio Decreto del 27 luglio n°1265, incaricava la “Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sanitarie” di finanziare, primi fra tutti, chi avesse contagiato la malattia in tempo di guerra.

Il 17 aprile 1936, il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena di Savoia, accompagnati dal Direttore della struttura e da altre autorità, visitavano l’istituto Forlanini costituito, dunque, da sette fabbricati, di cui due per malati di tubercolosi, pronti ad ospitare milletrecentocinquanta degenti; ed ambienti come una biblioteca, un museo ed un cinema di ottocento posti. Tutti gli edifici, “disposti a ferro di cavallo” secondo il sito Appasseggio, seguono il declivio del terreno per godere, ciascuno, di sole, luce e di aria salubre, poiché la tubercolosi si curava con il lungo riposo in ambiente igienico.

Guglielmo Ceroni ricorda che vi lavorava uno staff di cinquanta medici, tra cui il prof Busi per la radiologia, il prof Alessandrini per la chirurgia, il prof Bilancioni per la otorinolaringoiatria, ed il prof Spolverini per le malattie infantili. Il suo primo direttore fu il consigliere nazionale Eugenio Morelli (Sondrio, 1881 – Roma, 1960), ex allievo di Carlo Forlanini, e fondatore, nel 1941, dell’omonimo Museo Anatomico, ivi istituito.

Foto di Eugenio Denti

Foto di Eugenio Denti

Nella Piazza Forlanini sorgeva il monumento in scultura e bronzo realizzato da Achille Alberti, e che conservava anche le ceneri, dell’emerito professore, ma ora il monumento è presso il Cimitero Monumentale di Milano.

A partire dagli anni ’50, il nosocomio, fu arricchito di oltre cinquecento posti letto e di ulteriori strutture mediche d’avanguardia, ma, dal 2006, con la delibera n°2145 attinente al Piano di riorganizzazione delle strutture sanitarie, si annunciò la chiusura del Forlanini, ed il conseguente trasferimento delle attività e delle strutture al San Camillo.
L’acquisizione da parte della Regione Lazio è confermata da una interpellanza del 2014, in cui si attende di affittare parte del complesso alle sezioni monteverdine della Questura di Roma e dell’Arma dei Carabinieri.

Così, nel 2015, è stata effettuata un’operazione di pulizia totale nel nosocomio, e, per sancirne la chiusura definitiva, fu allestita una breve rassegna cinematografica, ma la struttura versa, a tutt’oggi, in uno stato di abbandono.

ExForlanini

Si confida dunque, nella sensibilità delle autorità competenti, memori della struttura d’eccellenza che il Forlanini ha rappresentato per Roma e Monteverde, di comprendere l’importanza dell’aspetto architettonico e della bellezza naturale che esso conserva.