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Spiagge, Laghi, caserme e terreni; conto alla rovescia per la cessione. PDF Stampa E-mail
Domenica 16 Maggio 2010 16:44

 

 Ecco un articolo apparso su La Repubblica che invita a riflettere sulla intenzione del governo  di procedere alla definitiva liquidazione del patrimonio pubblico nazionale. Nel Lazio tutto ciò rischia di trasformarsi in una vera e propria catastrofe se è vero che il 27% di  tutti i trasferimenti riguardano la nostra Regione, se è vero che rischiano di essere in gran parte  utilizzati per far cassa  e coprire il pauroso deficit degli Enti locali, primo fra tutti quello del Comune di Roma sulla cui reale origine, consistenza e tipologia non sembra ci sia molta voglia di far chiarezza. 
 
 
 
Spiagge, laghi, caserme e terreni conto alla
 
rovescia per la cessione 
 
La Repubblica, 14 maggio 2010
                                                                                                                                               Autore: D'Argenio. Alberto  
 
Un altro passo avanti verso la liquidazione del patrimonio pubblico, tra blande critiche e trepide esitazioni.
 
ROMA - Fiumi e laghi che attraversano più regioni, come il Po e il Garda, rimarranno in capo allo Stato. Così come il Quirinale, le sedi di Camera e Senato e quelle degli altri organi di «rilevanza costituzionale». Spiagge e caserme dismesse passeranno invece agli enti locali. Mentre in commissione bicamerale compare la bozza di parere sul federalismo demaniale - che prevede un via libera condizionato al progetto leghista - è braccio di ferro tra Carroccio e opposizione sul calendario. La Lega è decisa a portare la creatura del ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli al prossimo Consiglio dei ministri utile, probabilmente quello della prossima settimana, mentre Pd, Idv e Api hanno chiesto qualche giorno in più per risolvere i nodi ancora aperti, costi dell´operazione demaniale in testa.
 
La bozza sul primo tassello del federalismo fiscale è stata discussa ieri dalla bicamerale. A sorpresa presente il leader leghista Umberto Bossi, arrivato a dar manforte a Calderoli. La proposta di parere messa a punto da Marco Causi (Pd) e Massimo Corsaro (Pdl) pone alcuni paletti in grado di dare qualche nuova indicazione sulla faccia che assumerà l´Italia federalista. Per quanto riguarda il demanio idrico, i relatori hanno suggerito di escludere i beni «di ambito sovra regionale», come appunto il Po e il Lago di Garda, da quelli trasferibili. Gli specchi d´acqua «chiusi e privi di emissari di superficie», come il Lago di Bracciano, andrebbero invece alle province. Per il resto i beni del demanio idrico e marittimo, come le spiagge, saranno trasferiti alle regioni, anche se una quota dei proventi derivanti dalle concessioni andrà alle province.
 
Secondo il parere, entro un anno andranno quindi individuati i beni del ministero della Difesa, le caserme dismesse, da trasferire agli enti locali. Sono previste anche sanzioni per gli enti che non rispetteranno gli obiettivi per cui hanno richiesto l´assegnazione di un bene. Ad ogni modo le spese per la gestione non peseranno ai fini del Patto di stabilità interno per un importo pari a quanto lo Stato già spendeva per la gestione dello stesso bene. Se un ente venderà il bene ricevuto dovrà usare l´85% dell´incasso per abbattere il suo debito (in caso di attivo dovrà reinvestire) mentre il 15% andrà al fondo per l´ammortamento dei titoli di Stato. La bozza della bicamerale suggerisce poi che ogni 2 anni vengano attribuiti agli enti locali i nuovi beni «eventualmente resisi disponibili».
 
Dopo la discussione del testo la Lega ha fatto sapere di voler portare il federalismo demaniale al più presto al Consiglio dei ministri. Un modo per centrare l´obiettivo della sua approvazione entro un anno dall´entrata in vigore della delega, e cioè il prossimo 21 maggio. L´opposizione ha invece chiesto più tempo per affinare il testo. Bossi ha smentito qualsiasi tipo di problema sulla questione dei costi («col federalismo lo Stato ci guadagna») o con Tremonti («con lui è tutto a posto») ma ha sottolineato: «Vedo che la sinistra vuole allungare un po´ i tempi». Anche per questo il Senatur si è fatto vedere nel pomeriggio alla bicamerale insieme a Calderoli, che da mesi è al lavoro sul decreto demaniale, il primo tassello della realizzazione pratica del progetto federalista approvato un anno fa. E sul calendario ha vinto il centrodestra, approvando a maggioranza (contrario il Pd) la proposta che fissa il voto sul parere per mercoledì prossimo. Il democratico Francesco Boccia ha avvertito che la fretta potrebbe essere letale. L´Udc deciderà nei prossimi giorni il proprio orientamento: «Ci siamo riservati di riesaminare il testo che ha accolto alcune nostre spiegazioni», ha spiegato il centrista D´Alia. Critica l´Api, che con Linda Lanzillotta ha sottolineato il rischio di un «supermercato del patrimonio», mentre l´Idv ha chiesto i costi del provvedimento contro il quale ieri i Verdi hanno organizzato un sit-in di denuncia di fronte a Montecitorio.
 
 
 
 


 

Facendo seguito all'articolo  di A.D'Argenio uscito su La Repubblica del 14/05/2010 si propone alla vostra attenzione questo altro articolo di Ugo Mattei apparso invece su il manifesto del 15 marzo 2010  e pubblicato su Eddyburg all'URL http://eddyburg.it/article/articleview/15126/0/374/ 
 
 
Un federalismo molto poco «demaniale»
 
Autore: Ugo Mattei,
 
“Di fronte ai grandi gruppi privati italiani e internazionali che vogliono mettere le mani sul patrimonio occorrerebbe organizzare una difesa strenua “. Invece…,
 
 
Di una cosa c'è più bisogno oggi rispetto ad ogni altra. Istituzioni pubbliche legittime, forti ed indipendenti che perseguono il bene comune e non l'interesse di chi le occupa. È l'uovo di Colombo. Solo un grande sforzo comune, politico ed intellettuale, ci può consentire di immaginarle, per poi lottare insieme per la loro posa in opera. Soltanto questo sforzo può consegnarci qualche speranza in questa drammatica nuova escalation di saccheggio della finanza al bene comune.
Tracciare una nuova rotta ed indicarla al dibattito pubblico costituisce oggi non soltanto una novità politica assoluta ma perfino una vera e propria «buona azione civile» riconosciuta ed apprezzata come tale dai cittadini in modo del tutto trasversale ai partiti politici.
Già 420 mila firme
Ed in effetti i cittadini in massa stanno firmando ai banchetti dell'acqua bene comune (già 420.000 firme dopo tre settimane di raccolta!) dando conforto e speranza a quenti a questa nuova elaborazione istituzionale dedicano da anni la vita. E ancora i cittadini, a migliaia, firmano l'appello di Stefano Rodotà per la libertà di stampa, un altro bene comune sottoposto al saccheggio oligopolistico.
Ma il mondo intorno a noi, così come narrato dai temi trattati dal dibattito giornalistico e televisivo, dà ben scarsa attenzione a questo civile anelito di cambiamento. Ricevono piuttosto grande spazio, ma ben di rado in modo critico, gli ultimi assalti al bene comune, nella grande abbuffata del capitalismo politico-finanziario che balla, in preda al delirio provocato dalla sua malattia di sovrasviluppo, sul ponte scivoloso del Titanic che affonda.
Il «modello Paulson» (segretario al Tesoro di Bush) di uscita dalla crisi attraverso un salasso inflitto alle persone comuni per «salvare» le istituzioni finanziarie dagli effetti dei loro stessi comportamenti criminali, lungi dall'essere denunciato come saccheggio viene oggi riproposto in Europa come eroico salvataggio notturno dell'euro. Non lo denunciò Obama, che anzi lo ha adottato come metodo senza muovere un dito per salvare dall'evizione i milioni di proprietari sfrattati per non poter pagare il mutuo mentre i banchieri si spartivano la torta milionaria dell'aiuto pubblico.
Lo celebrano oggi, e si vantano pure del ruolo politico giocato dall'Italia per «chiudere l'accordo», i nostri politici e commentatori «di buon senso» di fronte al saccheggio del lavoro dipendente (in Grecia e Spagna per ora, in Italia fra pochissimo) per trasferire il bottino direttamente ai signori della finanza (che si divertono sulle montagne russe della borsa).
Se queste sono le emergenze, anche di fronte al tema «strutturale» della riforma federalista, prevale la medesima diffusissima logica del «prendi i soldi e scappa». Si scrive «federalismo demaniale» ma si legge ulteriore privatizzazione e saccheggio dei beni comuni. Infatti, il patrimonio pubblico in Italia, ancorché appartenente al più forte soggetto politico (lo Stato) è debolissimo nei confronti della pressione politica di chi vuole privatizzarlo per ragioni speculative. Semplici decreti di sdemanializzazione sono sufficienti per vendere la proprietà pubblica al privato aprendo un'autostrada per la privatizzazione.
Pubblico e privato sullo stesso piano
Ma quando ci si accorge di aver sbagliato, la via del ritorno dal privato al pubblico è un impervio sentiero lastricato di ostacoli giuridici perché la proprietà privata e l'indennizzo di mercato sono tornati ad essere riconosciuti come diritti fondamentali proprio dalle Corti Europee.
Non solo, i proventi della facile (s)vendita per decreto non sono vincolati ma vengono regolarmente impiegati per la spesa corrente e per pagare gli interessi sul debito pubblico. Interessi che oggi sono, per oltre la metà, dovuti a soggetti finanziari internazionali. Cifre enormi che gli italiani sborsano (recuperandole tramite la fiscalità generale e la svendita del patrimonio) e che finiscono immediatamente all'estero senza neppure sfiorare l'economia locale.
Sembrerebbe ovvio che, in queste drammatiche condizioni, le istituzioni nazionali dotate del potere di gestire ed alienare il patrimonio pubblico andrebbero rafforzate enormemente e non certo indebolite come invece avviene col federalismo demaniale.
Di fronte ai grandi gruppi privati italiani e internazionali che vogliono mettere le mani sul patrimonio pubblico (e l'acqua è solo un aspetto del grande saccheggio dei beni comuni) occorrerebbe infatti organizzare una difesa strenua affidandola al massimo possibile livello istituzionale. Occorrerebbe quantomeno introdurre per il demanio pubblico una tutela pari a quella di cui gode la proprietà privata applicando finalmente gli artt. 42 e 43 della Costituzione, che mettono proprietà privata e pubblica sullo stesso piano. Occorrerebbe almeno una riserva di legge dello Stato e un vincolo di utilizzo sociale dei proventi.
Altro che federalismo demaniale, una mossa che indebolisce ancora di più il pubblico rispetto al privato, schierando in modo suicida nel grande scontro con la speculazione finanziaria internazionale la squadra di riserva: enti locali squattrinati contro il grande capitale finanziario che vuole comprare tutto per quattro soldi!
Complimenti al commissario tecnico Roberto Calderoli.
 





 

Ultimo aggiornamento Lunedì 17 Maggio 2010 06:28