ALCUNI STRALCI DELLA LEGGE SULLA MOBILITA' SOSTENIBILE. Stampa

 

 COMUNE RISORSE COMUNE RISORSE Roma 13.615.495,00 Siena 1.406.949,00 Milano 6.074.615,00 Modena 2.023.543,00 Napoli 9.339.798,00 L'aquila 5.074.558,00 Torino 4.113.829,00 Trento 1.730.072,00 Bologna 3.491.999,00 Chieti 2.642.981,00 Firenze 2.406.314,00 Trieste 1.810.922,00 Padova 1.859.677,00 Ancona 1.572.470,00 Bari 4.836.871,00 Udine 1.400.453,00 Pisa 1.698.982,00 Sassari 5.871.181,00 Palermo 7.439.945,00 Foggia 5.835.420,00 Catania 5.070.941,00 Reggio nell'Emilia 2.087.039,00 Genova 3.426.814,00 Catanzaro 3.200.213,00 Parma 2.262.602,00 Varese 1.329.623,00 Perugia 2.634.463,00 Pescara 2.995.109,00 Cagliari 3.498.541,00 Novara 1.529.932,00 Ferrara 2.412.799,00 Viterbo 2.192.416,00 Venezia 2.449.137,00 Caserta 2.780.756,00 Pavia 1.320.985,00 Forlì 1.904.784,00 Messina 4.752.940,00 Reggio Calabria 4.519.903,00 Verona 2.297.816,00 Teramo 3.185.154,00 Brescia 1.806.932,00 Sesto San Giovanni 1.220.911,00 Lecce 3.955.690,00 Vicenza 1.493.459,00 Bergamo 1.424.967,00 Totale: 150.000.000,00

 

 

IL BICIPLAN Il presente documento ha l’obiettivo di fornire indicazioni e orientamenti utili, comunque non esaustivi, alla redazione e attuazione dei Biciplan, e si rivolge agli enti tenuti all’approvazione dei PUMS e di conseguenza dei Biciplan, quali piani di settore; possono inoltre essere in via facoltativa assunti come riferimento anche dagli enti che, pur non obbligati all’approvazione del PUMS, scelgono di adottare entrambi i piani o anche soltanto il Biciplan. In accordo con quanto previsto dall’art. 6 della legge 11 gennaio 2018, n. 2 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”, le Città metropolitane, così come i Comuni non ricompresi in tali perimetri, predispongono e adottano i piani urbani della mobilità ciclistica, denominati ‘Biciplan’, quali piani di settore dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), disciplinati dal DM 397/2017, così come modificato dal DM 396/2019. Essendo definiti quali piani di settore dai PUMS, la redazione dei Biciplan è da intendersi obbligatoria per tutti gli enti individuati dall’art. 3 del DM 397 e s.m.i. e, quindi, anche per i Comuni e le associazioni di Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti non ricompresi nelle Città metropolitane. Resta fermo il principio che anche i Comuni e le associazioni di Comuni non obbligati alla redazione dei PUMS possono in ogni caso redigere ed approvare su base volontaria i Biciplan, quali piani di settore parte della più complessiva pianificazione strategica urbana: in tal caso possono essere facoltativamente utilizzati anche gli indirizzi contenuti nel presente documento. I Biciplan sono finalizzati a definire gli obiettivi, le strategie e le azioni necessarie a promuovere lo sviluppo di tutti gli aspetti legati alla ciclabilità, dunque ad intensificare l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane, sia per le attività turistiche e ricreative e a migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni. Gli obiettivi generali indicati dalla legge 11 gennaio 2018, n. 2 sono: • favorire l’uso della bicicletta; • migliorare l'efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana; • tutelare il patrimonio naturale e ambientale; • ridurre gli effetti negativi della mobilità in relazione alla salute e al consumo di suolo; • valorizzare il territorio e i beni culturali, accrescere e sviluppare l'attività turistica, in coerenza con il Piano strategico di sviluppo del turismo in Italia, con il Piano straordinario della mobilità turistica e secondo quanto previsto dalla legge in materia di ferrovie turistiche. Il Biciplan è ordinariamente predisposto su un orizzonte temporale decennale ed aggiornato con cadenza almeno quinquennale ma, in particolari contesti e motivando adeguatamente tale scelta, può avere orizzonti temporali più flessibili tali da contemplare interventi da Piano triennale delle opere, purché esplicitati in un apposito cronoprogramma.

 

 

 

 TAVOLA 6 SVILUPPO IN KM DEL SNCT (IN COSTRUZIONE) Ciclovia Ven-To Venezia-Torino (EuroVelo 8) 732 Km Ciclovia del Sole Verona-Firenze (EuroVelo 7) 392 Km Ciclovia Acquedotto Pugliese Caposele (AV)-S.Maria di Leuca (LE) 530 Km Ciclovia GRAB Roma 44,5 Km Ciclovia del Garda lungo il lago di Garda. 165 Km Ciclovia della Magna Grecia: Lagonegro (PZ)-Pachino (SR). 900 Km Ciclovia della Sardegna: Sassari-Sassari passando per Cagliari. 1.050 Km Ciclovia Tirrenica Ventimiglia-Roma. 1.070 Km Ciclovia Adriatica Chioggia (VE)-Gargano 790 Km Ciclovia Trieste - Lignano Sabbiadoro-Venezia Venezia-Trieste 278 Km A partire dal SNCT, con uno sviluppo di circa 6000 km, la RCN - Bicitalia dovrà integrarsi con le altre reti ciclabili presenti nel territorio e con altre reti di percorrenza turistica di interesse nazionale e locale, con particolare attenzione alla rete dei cammini e sentieri, alle ippovie, alle ferrovie turistiche e ai percorsi fluviali, lacustri e costieri. Inoltre la rete deve consentire il recupero di aree dismesse. Al fine di massimizzare la valorizzazione delle infrastrutture Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili - Piano Generale della Mobilità Ciclistica 51 storiche, tanto in ambito nazionale che locale, saranno incentivate progettualità che propongano progetti di riuso e rilancio in sede locale di aree ad interesse turistico, culturale e paesaggistico, anche in collaborazione con soggetti pubblici e privati che intenderanno cooperare nella realizzazione di questa progettualità. Le ciclovie che sono parte della RCN Bicitalia devono essere integrate nel sistema di mobilità locale in modo da estendere i benefici derivanti dall'accessibilità della rete ai territori limitrofi e ai Comuni non direttamente attraversati: per facilitare lo sviluppo delle Reti locali sarà possibile promuovere la realizzazione di varianti di itinerario collegate alla ciclovia principale.

 

 

itinerario BI 5- ROMEA TIBERINA Lunghezza: circa 800 km Regioni attraversate: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio. Descrizione: itinerario legato in parte alle vie consolari Annia e Popilia, che congiungevano Aquileia a Rimini, e in parte al corridoio Tiberino-Adriatico che sfrutta quanto già in essere lungo la valle del Tevere, in particolare nella regione umbra.

 

 

 

 

GLI OBIETTIVI PER LA RETE CICLABILE NAZIONALE Ai sensi della legge n. 2/2018, il Piano Generale della Mobilità Ciclistica (PGMC) è adottato in coerenza: a) con il Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche - SNCT di cui all'articolo 1, comma 640, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. In questo contesto la Rete Ciclabile Nazionale (RCN) - Bicitalia, costituirà la rete infrastrutturale ciclabile di livello nazionale ed il PGMC ne individua le componenti, in coordinamento con i progetti di competenza regionale finalizzati alla realizzazione della Rete stessa. In altri termini, il Piano integra il SNCT, rete di ciclovie di interesse nazionale in fase di realizzazione che si sviluppa per circa 6.000 km, nel più ampio complesso della RCN - Bicitalia. fissato dal Legislatore è di realizzare complessivamente una rete unica di almeno 20.000 km. Allo stato la RCN - Bicitalia non è consolidata. Essa si comporrà nel primo anno del PGMC attraverso di sistemi di rete convergenti aventi pari rilievo: il SNCT (identificato con norma precedente la legge n. 2/2018 che è parte di una pianificazione economico finanziaria già in atto19), Bicitalia20 è la derivazione del sistema ciclabile transeuropeo Eurovelo (di cui implementa in Italia parte dei percorsi: 5 Romea Francigena, 7 Sun Route 8 Mediterranean Route)21 e disegna una rete di percorsi ed itinerari utilizzati e 19 Cfr. Cap. II. 20 Bicitalia proposto da Fiab, km, , con un modello basato sulle seguenti caratteristiche: che possibilmente attraversi almeno tre Regioni e Province ovvero una o due Regioni e Province oltre ad uno stato confinante; abbia una lunghezza minima di 150 km; possa garantire flussi cicloturistici; si innesti su corridoio con caratteristiche intermodali (bici+treno o bus); promuova valorizzi lo sviluppo dei corridoi storici delle strade consolari romane. 21 EuroVelo n. 5 - Via Romea (o Francigena) che si sviluppa per circa 3.300 km da Londra (Canterbury) a Brindisi; EuroVelo n. 7 - Sun Route (Strada del Sole) si sviluppa lungo circa 7.400 km da Capo Nord a Malta; EuroVelo n. 8 - Mediterranean Route (Strada del Mediterrane Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili - Piano Generale della Mobilità Ciclistica 49 sperimentati ma non completamente in sede propria: un sistema di strade e percorsi da far crescere, manutenere, sviluppare, mettere in efficienza sulla base di una programmazione che dovrà avvenire sulla base dell intesa con Regioni e Province autonome in esito alla quale nascerà in modo compiuto la RCN. La Rete di interesse nazionale è dunque un sistema che si compone progressivamente: è un tracciato delineato e percorribile22 . Nel corso del primo anno di attuazione del PGMC si procederà pertanto al perfezionamento ed integrazione della mappa RCN - Bicitalia, nonché alla determinazione, in accordo con le Regioni e le Province autonome, dei criteri per l'implementazione dei tracciati della rete di livello nazionale. Quanto sopra sarà definito in un Tavolo tecnico congiunto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le Regioni e le Province autonome, con la partecipazione e coinvolgimento di associazioni ed utenti di settore, pianificando i necessari interventi per il progressivo sviluppo e dimensionale della rete.

 

 - MOBILITÀ CICLISTICA URBANA: OBIETTIVI GENERALI E INDICATORI SETTORIALI Obiettivo strategico Settori di influenza Obiettivi Indicatori Incremento della quota di spostamenti in bicicletta Sostenibilità ambientale Diminuzione delle emissioni di CO2 Concentrazioni inquinanti Diminuzione della formazione di micropolveri PM10 e PM2,5 Mq di superficie pavimentata per strade e parcheggi Diminuzione delle emissioni di NOX e ozono Emissioni risparmiate Riduzione del consumo di suolo per la costruzione di infrastrutture Emissioni sonore Riduzione delle emissioni sonore Efficienza del traffico Riduzione del tempo perso nella mobilità urbana Tempi di percorrenza Riduzione dei costi collettivi derivanti dalla congestione Esternalità economiche della congestione Riduzione dei costi Riduzione dei costi per la mobilità dei singoli cittadini Costi per i singoli e per le famiglie Riduzione dei costi di sviluppo e mantenimento delle reti stradali da parte dei Comuni e Città metropolitane Costi investimento per strade e manutenzioni Riduzione dei costi sanitari per incidenti patologie respiratorie e inattività Costi sanitari per incidenti Costi sanitari patologie respiratorie Costi sanitari obesità e affezioni cardiache Riduzione dei consumi energetici Riduzione dei consumi energetici per la mobilità Stima consumi energetici per i combustibili Riduzione dei consumi di materiale per la realizzazione e manutenzione delle reti stradali Consumi di materie prime per le costruzioni stradali Riduzione dei consumi energetici e di materiali per la produzione smaltimento dei veicoli Consumi di materiali per la produzione di veicoli Consumi per lo smaltimento dei veicoli Qualità urbana Riduzione del degrado urbano prodotto dal traffico nelle zone residenziali Traffico automobilistico nelle strade urbane superficie destinata alla Sosta nei centri storici infrastrutture stradali incongrue Riduzione del degrado derivante dalla sosta e da infrastrutture stradali centri storici e ambienti naturali Riduzione dello spazio pubblico occupato dalle automobili in sosta Benessere dei cittadini Riduzione dei morti e dei feriti negli incidenti stradali Numero incidenti Relazioni tra le persone nello spazio pubblico Numero morti e feriti gravi in incidenti

 

 

 

La moderazione del traffico La circolazione delle biciclette deve sempre poter essere inquadrata all’interno delle più generali strategie di moderazione del traffico urbano. Una città ‘tranquilla’ è infatti precondizione per un funzionamento efficace e sicuro delle corsie ciclabili, come di qualunque altro intervento atto a favorire la mobilità attiva. D’altra parte l’inserimento di una corsia ciclabile è esso stesso un efficace elemento di moderazione. Progettare una corsia significa pertanto sempre guardare alle condizioni più generali di circolazione lungo la strada e nell’intorno per mettere in evidenza le situazioni critiche che investono il percorso analizzato. Una realizzazione ‘speditiva’ come quelle che occorre fare in regime di emergenza può evidentemente portare a tralasciare tali aspetti, ma non può evitare di doverli iscrivere in agenda per la loro successiva e possibilmente tempestiva risoluzione. Per rendere le strade soprattutto urbane davvero accoglienti e sicure anche per le biciclette, è importante che, oltre agli interventi in segnaletica, siano progettati interventi di modifica e riconfigurazione dello spazio stradale, tali da conseguire, ove possibile, una reale moderazione del traffico e una reale riduzione della velocità veicolare a 30 km/h in ambito urbano, mediante dispositivi tecnici quali dossi rallentatori, attraversamenti pedonali e ciclabili rialzati, platee rialzate, ampliamenti di marciapiedi e ‘golfi’ alle intersezioni, chicanes, parcheggi sfalsati, “pinch point”, etc… In questo senso, risulta di particolare utilità l’impiego, all’estero assai comune ma in via di rapida diffusione anche in Italia58, dei cosiddetti ‘cuscini rallentatori’ (speed cushions)’. Si tratta di particolari dispositivi di rallentamento caratterizzati da una limitata dimensione trasversale che, contrariamente a quanto avviene con i normali dossi o gli attraversamenti rialzati, non impegna l’intera larghezza della corsia o della carreggiata.

La zona scolastica Il DL 76/2020 ha introdotto, infine, il nuovo dispositivo della “zona scolastica” 54, fornendone la definizione e le possibilità di regolamentazione. Le caratteristiche essenziali, dal punto di vista definitorio, sono: - l’ambito urbano in cui può collocarsi questa particolare tipologia di zona, trattandosi quindi di uno strumento da impiegare nei centri abitati, dove il traffico veicolare rende più spesso le strade poco accessibili e sicure; - la presenza di uno o più edifici che ospitano istituti scolastici, di qualsiasi ordine e grado, individuati quali tipici poli attrattori di utenti vulnerabili della strada, come pedoni e bambini; - la prossimità, che consente di creare un vero e proprio “areale di protezione” anche nelle vie circostanti a quella in cui l’edificio scolastico si trova, individuando un raggio entro cui si concentrano gli spostamenti casa-scuola; - la garanzia di una particolare protezione dei pedoni e dell’ambiente, evidenziandosi, perciò, la duplice finalità di salvaguardare l’incolumità (rispetto al pericolo di incidenti stradali) e la salute (rispetto all’inquinamento atmosferico e acustico) di bambini e ragazzi, oltre che accompagnatori e personale scolastico; - la delimitazione mediante appositi segnali di inizio e di fine della zona stessa. La regolamentazione all’interno della zona scolastica prevede che possa essere esclusa del tutto oppure limitata in parte la circolazione, la sosta o la fermata, di tutti i veicoli o soltanto di determinate categorie di veicoli. In ogni caso, i divieti e le limitazioni non valgono per gli scuolabus, gli autobus destinati al trasporto scolastico e i titolari di contrassegno per la circolazione e sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide. La zona scolastica, in quanto particolare regolamentazione della circolazione nei centri abitati, è istituita e disciplinata con ordinanza ai sensi dell’art. 7 del codice, che definisce: a) la delimitazione 55 della zona, che normalmente è costituita da un insieme di strade, ma, in virtù delle specifiche caratteristiche del tessuto urbanistico e della viabilità da un lato e dalle concrete esigenze di protezione dall’altro, può eventualmente comprendere anche una singola strada; b) gli orari di funzionamento, che possono articolarsi, a discrezione dell’ente gestore della strada con opportuna motivazione, in modo più ristretto (ad esempio in fasce orarie a cavallo degli orari di entrata e uscita degli alunni) o più ampio (ad esempio durante l’intero orario di svolgimento delle attività della scuola, eventualmente anche integrative, nel corso della giornata, vista la finalità di tutela dei fruitori di edifici scolastici anche ambientale da smog e rumore, e non solo di sicurezza stradale); c) le modalità, concernenti ogni altro aspetto di regolamentazione che l’ente gestore della strada stabilisce, avuto riguardo delle finalità del provvedimento e della fattispecie e contesto di applicazione concreta: ad esempio, la natura e ampiezza delle restrizioni ad accesso, 54 Art. 3, c. 1, nuovo numero 58-bis) e art. 7, nuovo comma 11-bis Cds. 55 Il DL 76/2020 non ha previsto infatti alcuna contestuale modifica del comma 9 dell’art. 7 Cds, che prevede la competenza della Giunta comunale per la delimitazione delle ZTL e delle aree pedonali: perciò, si può ritenere che la delimitazione, oltre che la regolamentazione, della zona scolastica possa essere effettuata con ordinanza, che è l’atto amministrativo espressamente richiamato dalla nuova norma. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 42 circolazione, sosta e fermata dei veicoli, l’eventuale fissazione di un limite massimo di velocità diverso da quello ordinariamente vigente, la posa temporanea di transenne, l’installazione di dispositivi di controllo elettronico dei divieti 56, etc. Per quanto riguarda la segnaletica, la norma di legge prescrive che in ogni accesso o uscita della via o delle vie incluse nella zona scolastica debbano essere installati appositi segnali di inizio e di fine della zona stessa. I suddetti segnali, agli accessi possono essere integrati da apposito pannello ove è riportata la regolamentazione stabilita dall’ordinanza circa la circolazione, fermata e sosta dei veicoli (che, come di consueto nel caso delle zone, si applica a tutte le strade ricomprese senza necessità di ripetizione interna). Nelle more dell’approvazione degli “appositi segnali”, la zona scolastica può in ogni caso essere attuata sulla base delle vigenti disposizioni di legge e di regolamento, conseguendo i medesimi effetti sostanziali, tramite l’installazione dei segnali di divieto di transito (fig. II.46) e di divieto di sosta (fig. II.74) o di fermata (fig. II.75), integrati da pannelli (modello II.4) indicanti le limitazioni o eccezioni dell’ambito oggettivo e temporale della regolamentazione della circolazione e della sosta o fermata (categorie di veicoli, orari, etc.), oppure, tanto più in caso di discipline articolate, un unico segnale composito 57, contenente tutti i segnali e le informazioni citate, oltre all’iscrizione “zona scolastica”. 56 Il controllo elettronico degli accessi è possibile anche per la zona scolastica, in quanto costituita da una o più strade con accesso o transito vietato, ai sensi dell’art. 201, comma 1-bis, lett. g), novellato dal medesimo DL 76/2020, il quale ora consente la “rilevazione degli accessi di veicoli non autorizzati … o della circolazione … sulle strade … con accesso o transito vietato, attraverso dispositivi omologati”. 57 Ai sensi dell’art. 80, comma 5, e dell’art. 83, comma 13, del regolamento. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 43 La moderazione del traffic

La circolazione delle biciclette su strade e corsie riservate al TPL Il DL 76/2020 ha introdotto52 la facoltà di consentire la circolazione delle biciclette (anche) sulle strade riservate al trasporto pubblico, purché non vi siano binari tramviari e a condizione che, salvo situazioni puntuali, la larghezza delle strade medesime sia almeno di 4.30 metri53 . Al riguardo, per chiarire la corretta portata applicativa della nuova norma, è opportuno evidenziare un’importante distinzione tra due fattispecie previste dal Codice della strada. La facoltà di ammettere la circolazione delle biciclette riguarda, per espressa e testuale previsione, la specifica fattispecie delle strade riservate (esclusivamente) al TPL, cioè la possibilità, mediante ordinanza, di “riservare strade alla circolazione dei veicoli adibiti a servizi pubblici di trasporto”, di cui all’art. 7, c. 1, lett. i). E’ infatti soltanto con riferimento a questa tipologia che si esprime, anche testualmente mediante il richiamo esplicito e specifico alla sola lett. i), la nuova norma di cui alla lett. i-ter) del Dl 76/2020, evidentemente necessaria per ampliare la possibilità di consentire la circolazione delle biciclette anche su strade e corsie riservate al TPL che per definizione sarebbero altrimenti riservate ai soli mezzi pubblici. Invece, era già e rimane pienamente consentita, senza vincoli dimensionali, la facoltà, diffusamente praticata, di individuare mediante ordinanza le biciclette tra le tipologie di veicoli autorizzati a circolare sulle corsie riservate (ad esempio, al TPL, ai taxi e alle bici), cioè la possibilità di “riservare corsie ... a determinate categorie di veicoli” di cui all’art. 6, c. 4, lett. c), applicabile in ambito urbano in virtù del combinato disposto con l’art. 7, c. 1, lett. a). Per quanto riguarda le corsie riservate, la circolazione può essere riservata ad “alcune” ovvero “determinate” categorie di veicoli, nei quali ben possono rientrare sia i mezzi del trasporto pubblico che le biciclette. Perciò, la nuova normativa, ivi incluso il vincolo del modulo minimo di 4.30 m, non si applica a questa differente fattispecie, né sul piano letterale (in quanto ha ad oggetto le ‘strade’, e non le ‘corsie’, e rinvia espressamente alla sola lettera i), né dal punto di vista logico-sistematico (poiché la norma-base già lo consente).

 

Le “strade urbane ciclabili” (E-bis) Ferma restando una possibile specifica definizione regolamentare, Ia ‘strada urbana ciclabile’, è efficamente definita dalla CIRC MININT come “... strada urbana a cui si intende dare una specifica connotazione ciclabile, attribuendo la priorità alla circolazione dei velocipedi rispetto a tutti gli altri veicoli che, comunque, sono ammessi a circolare, sia pure con particolari cautele”. La medesima circolare precisa inoltre che, dato che il disposto legislativo prescrive per tali strade la presenza dei marciapiedi, se ne deduce la necessità di una “separazione dei pedoni rispetto al traffico ciclabile”. Le caratteristiche che vengono conferite dalla norma del DL 76/2020 alla nuova tipologia della “strada urbana ciclabile” sono: - la particolare prudenza che deve essere adottata da parte degli utenti motorizzati nei confronti dei ciclisti all’atto del sorpasso, prudenza che in realtà deve essere sempre garantita da tutti i conducenti su qualunque strada, così come già stabilito dal CdS (art. 148 comma 9 bis del CdS); - la precedenza che va riconosciuta ai ciclisti che vi transitano o vi si immettono, da parte di tutti i conducenti degli altri veicoli: essa cioè assume nei confronti dei ciclisti che vi circolano le prerogative delle piste ciclabili (art. 145 comma 4 bis del CdS); - la possibilità per i ciclisti di viaggiare affiancati, anche in numero superiore a due (art. 182 comma 1 bis del CdS). A queste caratteristiche la CIRC MININT ne aggiunge una, forse più importante, relativamente alla necessità di garantire il rispetto dei limiti di velocità imposti con misure di moderazione, ivi compresa l’installazione di strumenti di telecontrollo con sanzionamento differito delle infrazioni (cfr. sez. “La circolazione delle biciclette su strade e corsie riservate al TPL”). Non si tratta ordinariamente di strade interne a comparti a forte moderazione, dove dovrebbero prevalere logiche di condivisione degli spazi, ma di strade per le quali si riconosce una prevalente funzione di “scorrimento” delle biciclette. In questo senso la fattispecie delle strade E-bis risulterebbe ad esempio utile per garantire la continuità e la priorità di un importante itinerario ciclabile che utilizzi strade locali non adeguatamente attrezzabili con piste o corsie e che devono mantenere una piena transitabilità per gli autoveicoli. Essa infatti garantirebbe, secondo quanto recita la CIRC MININT “... una reale e significativa precedenza nelle manovre ai conducenti dei velocipedi [..] rispetto a quelli dei veicoli a motore”. Un secondo ambito di applicazione è anche riconoscibile dove occorra garantire una circolazione più sicura e confortevole dei ciclisti lungo strade ristrette che non consentono un’agevole marcia parallela di biciclette e autovetture, come tipicamente accade nei centri storici, nei controviali utilizzati come strade parcheggio, ecc. In assenza di tale classificazione infatti potrebbe essere fatta valere la prescrizione, di ben diverso orientamento, contenuta nel comma 5 dell’art. 148 del CdS, che recita: “Quando la larghezza, il profilo o lo stato della carreggiata […] non consentono di sorpassare facilmente e senza pericolo un veicolo lento, ingombrante o obbligato a rispettare un limite di velocita?, il conducente di quest’ultimo veicolo deve rallentare e, se necessario, mettersi da parte appena possibile, per lasciar passare i veicoli che seguono”, il che renderebbe ben poco confortevole e sicura la circolazione dei ciclisti. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 36 In definitiva, la nuova fattispecie delle ‘strade ciclabili’ E-bis può essere utilizzata per trattare le strade aperte al traffico nelle quali le dimensioni particolarmente ristrette della carreggiata non solo non rendono possibile o consigliabile tracciare corsie ciclabili, ma non garantiscono nemmeno condizioni minime accettabili per consentire la marcia parallela tra autovetture e ciclisti. Tale situazione ricorre in particolare nei sensi unici quando l’ampiezza utile della carreggiata scende sotto i 3 metri. Per ampiezza utile si intende la larghezza della carreggiata cui sottrarre 0.15 m se il bordo è rappresentato da un cordolo di marciapiede > 12 cm, 0.40 m se da sosta o altro bordo alto. In via transitoria, la segnaletica per indicare formalmente questa tipologia di strada, si può definire 50 attraverso l’inserimento in centro strada sulla pavimentazione del simbolo della bicicletta, preceduto da quello dell’automobile e dal segnale di limite massimo di velocità seguito dalla freccia direzionale, così da rendere evidente il fatto che entrambi i veicoli devono utilizzare lo stesso spazio centrale: questo incoraggia il ciclista a procedere in centro strada e dissuade l’automobilista a forzare il sorpasso. Segnaletica orizzontale In tale contesto vige l’obbligo della limitazione a 30 km/h della velocità massima consentita, nonché l’invito contenuto nella CIRC MININT 51 di garantire il rispetto di tale limite con adeguate misure infrastrutturali di moderazione (porte di accesso, dossi e sfalsamenti altimetrici, chicanes ecc.) nonché con l’impiego di strumenti di telecontrollo e sanzionamento differito del mancato rispetto dei l

 

 

 

Le corsie ciclabili nelle strade extraurbane Nel passaggio tra il DL 34/2020 e il DL 76/2020, l’applicabilità delle corsie ciclabili, che nel primo decreto era previsto per le sole strade urbane, è stato esteso anche a quelle extraurbane. I criteri suggeriti per il disegno delle corsie in questi contesti sono: - caso di strada con banchine pavimentate di almeno 50 cm e corsie a modulo standard: si inserisce una corsia ciclabile di dimensioni ridotte, variabile tra 100 e 50 cm a seconda che la larghezza della corsia autoveicolare sia 375 (modulo C1) o 325 cm (modulo F); il criterio cioè è quello di lasciare uno spazio tra la corsia ciclabile e la mezzeria di 275 cm; - caso di strada senza banchine o banchine non pavimentate: la corsia ciclabile può avere una dimensione minima di 80 cm dalla striscia di margine della carreggiata se con bordi a raso e di 120 cm se con bordi Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 21 verticali mentre lo spazio autoveicolare non deve essere inferiore a 220 cm. La strada cioè deve avere una dimensione minima di 600 cm; - caso di strada di calibro inferiore a 600 cm: si utilizzano unicamente pittogrammi a terra, rafforzando gli altri elementi segnaletici e di controllo delle velocità. In alternativa, nel caso di strade a scarsissimo traffico da destinare a prevalente uso ciclabile, si può ricorrere allo schema già in precedenza descritto che, previo abbassamento dei limiti di velocità, individua un’unica fascia carrabile centrale bidirezionale a 2.5/3 m compresa tra le due corsie ciclabili laterali delimitate da strisce discontinue34. Le strisce di delimitazione delle corsie ciclabili sono da intendersi tratteggiate, il che consente di far concorrere la corsia ciclabile alla larghezza della corsia autoveicolare adiacente; sono continue quando occorra ridurre l’ampiezza di corsie sovradimensionate. La decisione sull’inserimento delle corsie ciclabili attiene agli enti gestori delle strade, in particolare, ANAS, Regioni, Provincie; in caso di diniego35 la circolazione sicura dei ciclisti resta unicamente affidata all’uso delle banchine. La transitabilità delle banchine da parte dei ciclisti è infatti ammessa da una consolidata giurisprudenza di legittimità che chiarisce (Cass., sez. III, 19 luglio 2002 n. 10577) come la banchina, normalmente destinata ai pedoni e alla sosta di emergenza dei veicoli, è, in caso di necessità, utilizzabile dai veicoli per manovre di breve durata quali il sorpasso di veicoli procedenti nella stessa direzione o la facilitazione dell’incrocio di veicoli ovvero (Cass. Sez.IV, 18 Marzo 1988 n.4139) al fine di evitare collisioni.36 I ciclisti, per la propria personale sicurezza, possono dunque legittimamente impegnare le banchine laddove esistenti e transitabili, come del resto spontaneamente fanno; è anche opportuno, per agevolare tale comportamento oltre che per garantire la continuità di un itinerario, inserire a intervalli regolari (50/100 m) il simbolo del pedone e della bicicletta, quest’ultima integrata con una freccia che indichi la direzione ammessa di marcia per i ciclisti. La strada nazionale N42 in Belgio La SP299 in provincia di Novara 34 E’ questa una modalità preziosa per realizzare le grandi ciclovie nazionali che, tipicamente, utilizzano per quanto possibile questa tipologia di strade. 35 In molti paesi europei il disegno delle corsie ciclabili sulla viabilità extraurbana è una pratica ormai diffusa, anche e soprattutto sulla viabilità principale. 36 La sentenza Cass. Sez. IV n. 27698/2014, nel ritenere legittima la condotta di un ciclista in transito sulla banchina, richiama al proposito l’art.3 comma 53bis del CdS dove si assimilano i ciclisti alla categoria degli ‘utenti deboli’ rispetto ai quali occorre garantire, come recita il comma, “ ..una tutela particolare rispetto ai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade.”

Dimensionamento delle corsie ciclabili La progettazione delle corsie deve necessariamente assumere delle grandezze di riferimento che, una volta adattate ai diversi contesti, garantiranno una opportuna omogeneità/continuità delle realizzazioni ciclabili. Come precisato in premessa, le dimensioni geometriche indicate di seguito hanno un significato orientativo, per quanto fondate sulle ben consolidate esperienze applicative e manualistiche sviluppate in altri paesi e rispettano il quadro normativo attualmente vigente. Inoltre, le regole compositive qui illustrate devono fare riferimento alle dimensioni prevalenti di ciascun tratto e devono pertanto, in presenza di variazioni puntuali, poter essere adattate al fine di garantire la necessaria omogeneità di trattamento sull’intera relazione ciclabile considerata. 26 Il riorientamento può in particolare essere richiesto in presenza di sosta non parallela per migliorare la sicurezza dei ciclisti. 27 È opportuno ricordare che l’utilizzo della corsia ciclabile da parte del ciclista è obbligatorio, e che l’imposizione di un obbligo che comporta un oggettivo pericolo per chi lo deve rispettare implica una conseguente assunzione di responsabilità da parte di chi lo impone. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 15 Le dimensioni standard proposte sono quelle usuali di 1.5 metri per la corsia ciclabile che, si ricorda, può essere solo monodirezionale, mentre la corsia autoveicolare adiacente assume come riferimento le dimensioni standard urbane di 3 mt. se interessate da traffico leggero e di 3.5 mt. se interessate da traffico pesante e/o da linee del trasporto pubblico. A tali misure va aggiunto un franco variabile in funzione dell’altezza del bordo così definibile: Tipo bordo (cm) Franco (cm) cordolo < 7 10 cordolo 7-15 20 cordolo 15-30 30 cordolo > 30, muro 50 Se il bordo strada è rappresentato da auto in sosta, il franco standard che garantisce la piena protezione è di circa 80 cm. misurati dalla linea di demarcazione degli stalli, valore riducibile in base alla tipologia di sosta. In tale contesto si raccomanda che ogni soluzione assunta sia attentamente vagliata dai tecnici, anche sulla base delle consolidate esperienze internazionali, al fine di garantire il massimo livello di sicurezza per i ciclisti. La corsia autoveicolare non dovrebbe superare i 4 m al fine di non indurre traiettorie disordinate e/o velocità eccessive. Parimenti, la corsia ciclabile non dovrebbe superare i 2 m per evitare di essere impegnata dagli autoveicoli, in particolare nei tratti di attestamento alle intersezioni28 . Qualora le dimensioni della carreggiata non consentissero di rispettare questi limiti massimi, occorrerà ridurre gli spazi di circolazione ad esempio inserendo una fascia centrale zebrata. Il franco rispetto alla sosta è ampliato riducendo l’ampiezza della corsia ciclabile (Bruxelles). Come anticipato, il mancato rispetto degli standard dimensionali della corsia 28 Questo suggerimento deriva dal fatto che, attualmente, i flussi ciclistici da servire non sono quasi mai elevatissimi e che sono ancora diffusi tra agli automobilisti comportamenti poco rispettosi degli spazi destinati alla ciclabilità. In presenza di flussi ciclabili elevati questa regola dovrà essere rivista. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 16 veicolare comporterà l’uso della striscia tratteggiata per delimitare a sinistra la corsia ciclabile. In questo caso, la corsia ciclabile è di uso non esclusivo e concorre al raggiungimento del modulo minimo di complessiva corsia veicolare previsto dalla normativa. Al diminuire degli spazi disponibili, le dimensioni sopra riportate si riducono sino ad un limite minimo oltre al quale non è più ragionevole tracciare la striscia di separazione tra porzione di corsia ad uso autoveicolare e porzione di corsia ad uso ciclabile. Tale limite minimo può essere individuato in 2/2.2 m per lo spazio destinato al transito autoveicolare29 e intorno ad 1 metro per la corsia ciclabile. Tali valori rappresentano dei parametri di riferimento per il progettista e non dei vincoli normativi. L’obiettivo è quello di rendere possibile la previsione di corsie ciclabili continuative, garantendo la necessaria sicurezza per gli utilizzatori. La riduzione di franco e corsie sino alle dimensioni minime è in linea di principio attribuita proporzionalmente a ciascuna delle tre componenti, mentre la riduzione massima da applicare per il franco laterale rispetto ai valori standard è orientativamente pari al 50%30 . Nelle tabelle e negli schemi seguenti sono riportate le dimensioni totali di carreggiata (esclusa sosta) necessarie per ospitare una corsia ciclabile rispettivamente nelle condizioni standard e minime, con e senza presenza di veicoli pesanti/bus e in diversi assetti dei bordi. Nota bene: quelli identificati sono da considerare valori indicativi entro la generale previsione di legge, di indirizzo per i progettisti, e vengono ipotizzati in quanto derivati e consolidati dall’esperienza applicativa internazionale. Tipo marciapiede (tra 7 e 15 cm) sosta in linea sosta a 90° sosta a 45° (non retroversa Strada traffico ordinario st min st min st min st min spazio autoveicolare 3.00 2.00 3.00 2.00 3.00 2.00 3.00 2.00 corsia bici 1.50 1.00 1.50 1.00 1.50 1.00 1.50 1.00 franco bordo 0.20 0.10 0.80 0.40 1.50 0.75 1.20 0.60 Totale carreggiata 4.70 3.10 5.30 3.40 6.00 3.75 5.70 3.60 Strada traffico pesante st min st min st min st min spazio autoveicolare 3.50 2.50 3.50 2.50 3.50 2.50 3.50 2.50 corsia bici 1.50 1.10 1.50 1.10 1.50 1.10 1.50 1.10 franco bordo 0.20 0.10 0.80 0.40 1.50 0.75 1.20 0.60 Totale carreggiata 5.20 3.70 5.80 4.00 6.50 4.35 6.20 4.20 29 Nonostante la larghezza delle corsie veicolari sia inferiore a 2.75, va comunque tracciata la linea di mezzeria, dato che a tale misura si può nominalmente sommare quella della corsia ciclabile. 30 Particolari condizioni di contesto possono suggerire criteri differenti, a esempio in presenza di bordi ammalorati piuttosto che di flussi di traffico automobilistico particolarmente intenso. Guida all’applicazione del DL 76/2020 Pagina 17 Al ricorrere delle condizioni standard, la corsia può – ma non deve 31 – essere istituita ad uso esclusivo e quindi delimitata con striscia continua; viceversa, al ricorrere di condizioni inferiori a quelle standard, fino a quelle minime, la corsia è ad uso non esclusivo, è parte dell’ordinaria corsia veicolare e dev’essere realizzata con striscia tratteggiata.

 

INTERMODALITÀ La principale politica di promozione dell’intermodalità prevede la possibilità di caricare sui mezzi pubblici le bici, favorendone la gratuità nel trasporto nel caso in cui vi sia buona disponibilità di spazio a bordo. In particolare, nel caso dell’integrazione bici-bus, al fine di ridurre l’ingombro dei mezzi a bordo, si potrebbe optare per l’accesso a bordo di bici pieghevoli e/o per il posizionamento di rastrelliere portabici sul retro o in testa ai veicoli, qualora le condizioni del servizio lo permettessero. Potrebbero essere considerate anche applicazioni (tipo city-mapper) che integrano tutte le forme di trasporto TPL con modalità in sharing, incluse le biciclette. Di primaria importanza l’integrazione bici+treno, che si deve fondare sul diritto all’accessibilità al binario e alla vettura con bicicletta al seguito. Ciò si realizza mediante apposite canaline per bici lungo le rampe di scale dei percorsi di accesso alle banchine, già previste nei regolamenti tecnici di RFI e dunque applicabili per estensione a tutte le stazioni di treni e metropolitane anche di altri soggetti. La necessaria presenza di cicloparcheggi e/o velostazioni presso le stazioni di treni e metropolitane non è alternativa al primario diritto al viaggio in vettura con bici al seguito, date le differenti specifiche esigenze dei vari utenti. INDIVIDUAZIONE DEI PRINCIPALI NODI DI INTERSCAMBIO MODALE Al fine di perseguire il concetto di interscambio modale è necessario dotare le principali stazioni e fermate del trasporto pubblico di spazi per la sosta delle bici riparati e sicuri. Tali spazi devono essere previsti per le diverse modalità di trasporto sia urbano che extraurbano ed in corrispondenza dei parcheggi scambiatori, prevedendo anche aree adeguate alla sosta lunga, in modo da favorire l’utilizzo della bici da parte dei pendolari. Anche la localizzazione delle stazioni di bike sharing station-based dovrebbe perseguire lo stesso criterio di prossimità ai principali luoghi e poli di servizi d'interesse collettivo. MOBILITÀ CICLISTICA PER IL PRIMO E ULTIMO MIGLIO La ciclabilità rappresenta molto spesso la soluzione di mobilità ideale per l’ultimo ed il primo miglio in ambito urbano e metropolitano, sia nel caso del trasporto delle merci, sia nel caso dei passeggeri. In particolare, la bici può essere utilizzata in combinazione con il trasporto pubblico, ma anche con l’auto privata, proprio grazie alla diffusione di veicoli pieghevoli e di soluzioni di minimo ingombro. In quest’ottica, infrastrutture ciclabili, ed in particolare aree di sosta e di ricovero, rastrelliere e stazioni di bike sharing, devono essere previste, oltre che nei nodi di interscambio, in corrispondenza degli accessi a zone a traffico limitato, aree pedonali ed isole ambientali. Una politica da promuovere potrebbe essere quella dell’utilizzo gratuito di una bicicletta per tutto il tempo della sosta da parte degli utenti di un parcheggio (servizio Park & Bici). Sarebbe inoltre interessante introdurre la possibilità di incentivare la sperimentazione di nuovi biglietti o abbonamenti integrati per il trasporto pubblico locale, che permettano di utilizzare il bike sharing o dispositivi di micromobilità urbana in sharing per gli spostamenti di primo ed ultimo miglio. La bici può giocare un ruolo fondamentale per garantire l’inclusione sociale anche nel caso delle cosiddette aree “a domanda debole”, cioè quelle aree con scarsa popolazione o a bassa densità, che in genere non prevedono servizi di trasporto pubblico facilmente raggiungibili a piedi. L’uso della bici potrebbe favorire l’accesso della popolazione residente alle fermate del trasporto pubblico ed alle stazioni ferroviarie localizzate nelle immediate prossimità di tali zone, attraverso percorsi protetti, garantendo la possibilità di sosta del proprio veicolo a due ruote e il suo ingresso a bordo del mezzo pubblico.

 

sponibilità dell’amministrazione, ecc.). A.4. ANALISI DELL’OFFERTA: LA RETE DELLA MOBILITÀ CICLISTICA L’analisi dell’offerta riguarda la ricognizione della dotazione di rete ciclabile comunale e/o metropolitana e dei servizi per la mobilità ciclistica allo stato attuale, nonché di quanto programmato. Per gli enti tenuti alla redazione del PUMS è indispensabile ricostruire: • la rete ciclabile esistente, con l’indicazione delle principali tipologie utilizzate e le loro maggiori criticità; attenzione va posta inoltre alla discontinuità della rete, al conflitto con la componente automobilistica e pedonale, alla disomogeneità degli interventi e al rispetto della normativa vigente; • servizi esistenti di bike sharing (n. di mezzi delle flotte divisi in freefloating e station based; n. di mezzi delle flotte con biciclette con pedalata assistita); • servizi di micromobilità in sharing (n. di mezzi delle flotte di dispositivi per la micromobilità urbana in sharing); • le zone a traffico moderato (ZTL, “strade e zone 30 km/h” e residenziali, aree pedonali, ecc.); • i poli intermodali e i punti d’interscambio tra trasporto pubblico locale/extraurbano e bicicletta, l’interconnessione a livello infrastruttura e di servizi con una o più stazioni ferroviarie/metropolitane; • le aree per la sosta attrezzata delle biciclette, le velostazioni ed eventuali luoghi e/o servizi che costituiscono un valore aggiunto per la ciclabilità; • i principali servizi per la mobilità ciclistica I Comuni non tenuti alla redazione dei PUMS possono sviluppare l’analisi di offerta in maniera più semplificata, a seconda delle caratteristiche del territorio, sulla base dei dati effettivamente disponibili. CONSISTENZA DELLA RETE CICLABILE La ricognizione delle infrastrutture ciclabili esistenti va riportata su apposita cartografia tramite mappe tematiche, in modo che emerga chiaramente la rete esistente, le tipologie (tramite colori e/o differenti tipi di linee e apposita legenda) e la loro localizzazione in sinottico con gli attrattori urbani e territoriali. GERARCHIA DELLA RETE All’art. 6 della legge n. 2/2018, viene proposta una classificazione degli itinerari ciclabili secondo diversi livelli gerarchici. Tali itinerari sono così classificati: • Rete degli itinerari ciclabili prioritari del territorio comunale, destinata all'attraversamento e al collegamento tra le parti della città lungo le principali direttrici di traffico, con infrastrutture capaci, dirette e sicure; • Rete secondaria dei percorsi ciclabili del territorio comunale, ovvero dei percorsi ciclabili all'interno dei quartieri e dei centri abitati; • Reti con specifiche funzioni quali la Rete delle vie verdi ciclabili, destinata a connettere le aree verdi e i parchi della città, le aree rurali e le aste fluviali del territorio comunale e le stesse con le reti di cui ai punti precedenti. Nella figura successiva si riporta un esempio di schema di rete di itinerari ciclabili in ambito urbano. Figura 1 – Esempio di schema di rete di itinerari ciclabili. Lo stesso concetto di classificazione può evidentemente essere esteso agli ambiti metropolitani: ? Rete degli itinerari ciclabili prioritari del territorio metropolitano, destinata all'attraversamento e al collegamento tra i diversi centri abitati e i principali attrattori lungo le principali direttrici di traffico, con infrastrutture capaci, dirette e sicure; ? Rete secondaria dei percorsi ciclabili del territorio metropolitano, ovvero dei percorsi ciclabili di connessione con le frazioni, le aree produttive, le stazioni e i poli attrattori al di fuori dei percorsi principali; ? Reti con specifiche funzioni quali la Rete delle vie verdi ciclabili, destinata a connettere le aree verdi e i parchi della Città metropolitana, le aree rurali e le aste fluviali del territorio e le stesse con le reti di cui ai punti precedenti. TIPOLOGIE DI ITINERARI La caratterizzazione delle ciclovie può essere fatta anche in base alla tipologia di itinerario, ovvero in base alla sede stradale ad esso adibita: • Corsie ciclabili; • Corsie ciclabili per doppio senso ciclabile; • Pista ciclabile in sede propria; • Pista ciclabile su corsia riservata in carreggiata; • Pista ciclabile su corsia riservata su marciapiede (tendenzialmente da escludere); • Percorso promiscuo ciclo-veicolare su strade senza o a basso traffico; • Percorso promiscuo ciclo-pedonale (sentiero ciclabile o percorso natura, vie verdi, aree pedonali, ecc.); • Corsie riservate al TPL e ai velocipedi; • Strade riservate al TPL e ai velocipedi; • Strade urbane ciclabili, classificate come strade E-bis; • Itinerari ciclopedonali, classificati come strade F-bis. Si può dettagliare ulteriormente tale classificazione indicando la tipologia di pavimentazione o altre caratteristiche costruttive.