Quando il mondo era un luogo spaventosamente grande e chi voleva muoversi poteva contare solo sulle sue gambe o al massimo sull’aiuto di un cavallo o un mulo, passare per l’Appennino era l’unica soluzione per raggiungere Roma partendo dalla Pianura Padana.
L’antica via tra Bologna e Firenze
Lo sapevano bene gli antichi romani, che per mettere in comunicazione Bononia e Florentia costruirono una via militare. In questo modo potevano spostare le truppe a nord in modo rapido, per contrastare le incursioni celtiche e galliche. Nel corso dei secoli questa via perse il suo valore militare, divenendo invece una sorta di Via della Seta dell’Appennino. Una strada percorsa da commercianti, viandanti e uomini in cerca di fortuna.

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Partire per un viaggio in bici senza essere preparati alle emergenze può rovinare l’intera esperienza. Impara ad affrontare i problemi che possono accadere durante un viaggio in bici con il nostro corso specifico:
All’epoca il viaggio durava una settimana, mentre ora un treno Frecciarossa impiega 40 minuti per collegare le due città. E la Via degli Dei è diventata un percorso escursionistico molto interessante.
La particolare dicitura si rifà ai nomi dei monti attraversati, che rimandano ai tempi in cui i calzari chiodati dei legionari romani battevano sulle strade lastricate. Monte Adone, Monte Giove (ora Monzuno), Monte Venere, Monte Luario.
Attratti da questa importante impronta storica, dalla voglia di trail nella natura e incuranti dei 40°C di media e del 80% di umidità, abbiamo deciso di partire e di attraversare la Via degli Dei originale in soli due giorni.
Via degli Dei Giorno 1: Bologna – Passo della Futa
Via degli Dei Giorno 2: Passo della Futa – Firenze
Scarica:
Traccia Gps | Mappa kml
- Giorno 1: Bologna – Passo della Futa
- Giorno 2: Passo della Futa – Firenze
Partenza dal cuore di Bologna
La traccia ha inizio a Piazza Maggiore, nel cuore di Bologna. Da qui una bellissima serie di piste ciclabili conduce in sicurezza a Casalecchio di Reno. I primi 20 km sono facili e divertenti, ottimi per scaldare i muscoli, tra sterrati semplici in mezzo a parchi comunali.
Comincia la salita
Il primo impatto con l’Appenino però è di quelli da spezzare fiato, gambe e testa. Due rampe al 17% di pendenza da affrontare senza possibilità di rifiatare, che lambiscono l’abitato di Sasso Marconi. Si sale velocemente di quota e il cuore comincia a battere all’impazzata nel petto.
Saliscendi e sconnesso
Il percorso si dipana lungo una serie di sentieri in falsopiano ben tenuti fino a raggiungere l’abitato di Brento, dove conviene fare scorta d’acqua. Da qui s’incrocia la via Flaminia militare, con i suoi saliscendi su pietraie sconnesse che mettono a dura prova l’equilibrio e la tenuta degli pneumatici.
Panorami e (ancora) salite
Terminato il tratto sulla Flaminia, si riprende l’asfalto e si sale per qualche chilometro fino a raggiungere Monzuno, l’antica Mon Iovis, ovvero Monte di Giove. Dalla piazza centrale del paesino comincia una salita spaccagambe su asfalto che fende un panorama idilliaco di campi di grano maturo. Balze appenniniche e casolari in pietra: qui il tempo sembra essersi fermato di colpo.

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Silenzio e sterrati
Il silenzio è l’unico compagno, oltre al rumore dei pedali che mulinano con il rapportino. Ben presto si abbandona la strada asfaltata e si prosegue su sterrato.
Conviene, prima di riprendere a salire, rinfrescarsi alla sorgente del Mulo, dove scorga un’acqua fresca e pura, buonissima da bere e per lavarsi.
Si continua poi, senza mai smettere di salire, fino a raggiungere la sommità del monte dirimpetto, costellato di pale eoliche.
La discesa verso Madonna dei Fornelli è una cavalcata epica su un’ampia strada bianca che consente di mollare i freni, farsi schiaffeggiare dall’aria calda del pomeriggio e finalmente riposarsi.

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Strappi e discese
Subito dopo Madonna dei Fornelli si passa un sentiero poco pedalabile e poi inizia uno dei tratti più belli dell’intera Via degli Dei, dove s’incrocia nuovamente la via Flaminia militare. Un tratto con strappi dal grip perfetto alternati a discese ripide dove è possibile raggiungere i 58 km/h di velocità, nel mezzo di una vallata di conifere che profumano di resina.
Il sentiero poi s’impenna nuovamente, con un dislivello elevato che conduce alla sommità del monte Cucco, che con i suoi 1.120 mt è uno dei punti più alti dell’intero tragitto.
A piedi (bici in spalla)
Il sentiero è stretto e molto rovinato, con pietroni e radici, oltre ai rovi che coprono quasi il tracciato. E si fa la prima esperienza di quello che sarà il leit-motiv del giorno seguente: mettere in spalla la bici e salire a piedi.
Una volta raggiunta la sommità, la discesa verso l’abitato di Fratte è ripida e su asfalto. Anche qui si possono mollare i freni ma con cognizione di causa se non volete fare come il sottoscritto che ha fatto un lungo pauroso e ha rischiato di finire in un dirupo.
Passo della Futa
Da Fratte poi si prosegue su asfalto lungo un falsopiano continuo che conduce al Passo della Futa e al cimitero militare Germanico. In questi luoghi infatti, durante il secondo conflitto mondiale, correva la linea Gotica, una linea di difesa fortificata creata dalle truppe naziste per fermare l’avanzata alleata.
Qui il peso dell’occupazione nazifascista si fece sentire con il suo carico di sangue e violenza, con eccidi e paesi devastati e bruciati (come Marzabotto o Sant’Anna di Stazzema).

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Nel monumento riposano i resti dei militari tedeschi morti durante i mesi di vita della Linea Gotica. Oltre il passo della Futa, la strada, sempre su asfalto, scende con una serie di tornanti molto belli da affrontare fino a svoltare su sterrato e impennarsi nuovamente (con pendenze anche del 22% in alcuni punti), con 10 km di salita continua che conduce al passo dell’Osteria Bruciata.

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L’Osteria Bruciata
In questo luogo, narra la leggenda, nel Medioevo era presente un’osteria per i viandanti. Il proprietario era solito ucciderne alcuni nel sonno e servire le loro carni agli altri viaggiatori, fino a che gli abitanti del paese vicino salirono al passo con i gendarmi e diedero fuoco all’osteria con all’interno il proprietario.

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Leggenda o no, dalla lapide che ricorda l’avvenimento parte una discesa tecnica e ripida, che in pochi chilometri consente di scendere di quasi 1.000 metri di dislivello. Una discesa molto tecnica, dove ci vuole davvero manico per stare in bici e per non scendere a spingere (o per non cadere, eventualità per fortuna che non si è presentata).
Discesa tecnica
La discesa si presenta con una serie di passaggi con rocce, tratti esposti, lastroni di pietra nel mezzo di una vallata bruciata dal sole e senza un filo di vento. A volte il sentiero è molto rovinato dal passaggio di moto da cross, che creano profondi solchi nel terreno che si riempiono d’acqua e divengono impercorribili. La discesa mette a dura prova braccia e gambe, per il continuo scuotimento che affatica i muscoli e per l’attenzione necessaria a non cadere.
Al termine della discesa s’incontra il paese di San Piero in Sieve, dove conviene mangiare e fare scorta di parecchia acqua. Poco fuori dal paesino infatti parte l’ennesima rampa al 17%, che personalmente (vuoi perché fosse mezzogiorno e ci fossero 42°C) si è rivelata come il tratto più duro dell’intero percorso.
Da qui la strada diventa tratturo e poi un piccolo sentiero (quello della GEA 40, la Grande Escursione Appenninica), che è mal tenuto, pieno di rovi e ortiche, con tratti dove passare con la bicicletta è praticamente impossibile.

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I dieci chilometri di salita fino al convento di Monte Senario infatti li abbiamo dovuti fare con la bici in spalla, con il sudore che colava negli occhi, il morale a terra e uno sciame di moscerini e tafani che ci ronzava intorno.
Verso Fiesole
Dopo una pausa rigenerante presso il convento, che è molto carino e merita una visita, la strada ridiscende verso Fiesole, lambendo il tratto più caratteristico e unico di tutta la Via degli Dei.

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Si passa infatti in mezzo a una collina coltivata a grano, riarsa dal sole e senza alcun sentiero tracciato, dove si può seguire la propria traiettoria, passare attraverso i covoni e correre nel mezzo di quel giallo fiammante. Non mancano salti e drop per gli amanti delle evoluzioni.
L’errore, a questo punto, è quello di credere di essere arrivati. In realtà, all’altezza di Fiesole, riparte l’ennesima rampa impedalabile immersa nella più classica delle macchie mediterranee, ripida e piena di spine (una costante dei sentieri toscani è la scarsa pulizia da rovi e spine, che hanno causato una foratura a testa).

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L’arrivo a Firenze in Piazza della Signoria
Finalmente la strada comincia a ridiscendere, riproponendo passaggi tecnici in pieno stile Enduro, fino a declinare lentamente e condurre nella periferia di Firenze dove, con qualche minuto di pedalata nel traffico (il sistema di piste ciclabili non è minimamente paragonabile a quello bolognese) è possibile raggiungere Piazza della Signoria, punto finale del nostro viaggio.

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Via degli Dei: informazioni generali
Il percorso che abbiamo seguito è quello originale della Via, anche se ci ha costretto più volte a spallare la bici. Purtroppo la qualità e la presenza di segnalazioni è bassissima, per cui è impossibile seguire il percorso senza l’ausilio del navigatore GPS.
Noi abbiamo affrontato la Via in due giorni, con una tappa di 75 km per 2200 mt di dislivello positivo il primo giorno e 65 km con dislivello positivo di 1550 mt il secondo, dormendo in un camping al passo della Futa.
È possibile comunque dividere la traccia in tre parti, ammorbidendone la difficoltà, oltre a utilizzare deviazioni su asfalto che ne diluiscono il livello di impegno fisico.
Raggiungere Bologna
La città emiliana è comodamente raggiungibile con treni regionali, interregionali e con il Frecciarossa.
In quest’ultimo caso dovrete smontare e imballare la bici per poterla caricare e non serve acquistare alcun supplemento, poiché viene considerata un bagaglio.
Via degli Dei: difficoltà
- percorso ha messo a durissima prova anche noi, che andiamo in bici tutti i giorni e una media annua di sola MTB che si attesta sui 2500 km.

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I dislivelli sono impegnativi, le salite ripide e lunghe, le discese molto tecniche e spesso al limite dell’Enduro (con alcuni tratti quasi da DH). Le salite del tratto toscano costringono a mettersi in spalla la bici e a macinare chilometri a piedi, con lo sforzo fisico che ne consegue.
Non affrontatela quindi senza allenamento e senza un po’ di pratica di MTB, poiché potrebbe trasformarsi solo in un brutto ricordo di fatica e poco divertimento.
Con una gamba preparata e un po’ di manico in discesa invece la Via può rivelarsi come il trail più bello da affrontare nella propria carriera di biker.
A Luglio il caldo era tremendo e afoso e l’acqua molto scarsa e si deve fare rifornimento nei paesini attraversati, poiché è molto facile rimanere a secco.
Cibo
Come dei classici turisti tedeschi in vacanza in Italia ci siamo concessi ciò che di più tipico si trova in quei luoghi. Infatti a Brento abbiamo mangiato un piatto di tagliatelle al ragù, sul passo della Futa ci siamo regalati una cena con antipasto di gnocco fritto, salumi e crostini toscani, ravioli burro e salvia e una fiorentina da 1,5kg divisa in tre.
A Firenze invece abbiamo pagato il dazio di essere in uno dei posti più turistici del mondo, dove un panino scarso con mozzarella e pomodoro, un trancio di pizza margherita e due bottiglie d’acqua sono costati 22€.
Che bici usare
Siamo partiti con tre bici diverse: una front da XC in carbonio con 100mm di escursione, una da all-mountain con escursione da 150-130mm e una MTB da Enduro puro con telaio in alluminio e escursione generosa.
Nessuna delle tre si è rivelata perfetta per il tracciato.
La front ha pagato dazio sulle discese tecniche, dove ogni colpo veniva riportato al biker senza alcuno smorzamento, mentre le due full si sono rivelate pesanti nelle lunghe salite.
La bici migliore per affrontare la Via degli Dei (percorso originale) è dunque una full, magari una da XC marathon o da all-mountain, che però sia leggera e quindi facile da spingere in salita (oltre a portarsela in spalla) ma che sia performante in discesa.
Per quanto riguarda il tipo di pedali, io ho girato con dei pedali SPD, mentre i miei due compagni avevano dei Flat e la scelta è puramente dettata da esigenze personali.
Cosa portare

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Per un viaggio di due giorni, con pernottamento in bungalow, l’equipaggiamento necessario non è molto:
- Due fondelli;
- Tre magliette;
- Tre paia di calze;
- Due mutande;
- Pantaloncini e maglietta per la sera (da usare anche come pigiama);
- Una felpa (inutilizzabile con 42°C);
- Una giacca antivento;
- Multitool, due camere d’aria, fascette stringitubi, lubrificante, smagliacatena, falsamaglia, forcellino di scorta e pompa a mano;
- Necessaire per l’igiene personale;
- Crema solare e doposole;
- Carica batterie per cellulare;
- Kit di pronto soccorso;
- Ciabatte per doccia;
- Caschetto (da indossare sempre, vista la tecnicità del tracciato), guanti interi (per via dei rovi), bandana (rigorosamente di Bikeitalia).
Concludendo
La Via degli Dei è un tracciato spettacolare, che congiunge due città meravigliose e che passa attraverso paesaggi mozzafiato che ti entrano dentro e che ispirano pace, calma e voglia di libertà.

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È un percorso duro da fare in MTB, soprattutto l’originale, ed è facile andare in crisi idrica, di fame o psicologica, per cui è necessario allenamento e non la si deve prendere per nulla sottogamba, poiché i dislivelli e la difficoltà tecnica del percorso non scherzano affatto.
Si ringraziano gli amici Alessandro Bassan e Alessandro Samele per le foto e per la traccia gps.